“Coloro che rimangono sui rottami di legno spezzato o di ferro, fanno cose orribili”
Hodgson, “L’orrore del mare”.
Il brano, ripreso dal più orrido genere letterario, propone, tra i racconti di Hodgson, una di quelle esperienze che comunemente vengono relegate nel ripostiglio della mente umana, non solo per la marginalità di ciò che rappresentano (ma vedremo da qui a poco se è davvero così), ma anche e soprattutto per la portata del tema, estrema, impietosa e crudele.
Quel che non vorremmo mai accadesse si presenta invece nella sua più cruda disumanità. Una lotta di sopravvivenza tra due esseri umani che in mezzo al mare in tempesta si contendono una tavola di legno cui aggrapparsi per salvare la pelle, senza pietà l’un per l’altro: il soccombere dell’uno significa la salvezza per l’altro.
Ma usciamo dalla rappresentazione letteraria e immaginiamo cosa accadrebbe se, in un caso concreto, foste chiamati a rispondere di avere respinto in mare aperto il vostro compagno di sventura e di averne determinato la morte.